lunedì 29 marzo 2010

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mercoledì 10 dicembre 2008

LA DOLCE [ RESULTAT D'UN PREMIER ESSAIS DE TESTOVIVO ]

La bara scivolava lenta per le vie del paese. Nessuno accompagnava il morto. Solo il prete e qualche chierichetto precedevano il feretro impazienti di arrivare al cimitero per scrollarsi di dosso quel disagio provocato dal morto.
- Eppure tutti i giornali ne hanno parlato – miagolò Irma affacciata alla finestra. - Si, ma cosa c’entra, se ad uno non va, non va non si può mica costringere, potevi andarci tu no? – le rispose Angela. - Io? scherzi, si puoi solo che scherzare ma cosa posso pretendere da te. - Sempre la solita svenevole, tua cugina ti doveva chiamare la languida non la dolce.
Irma aveva appreso della morte del re dai giornali e aveva deciso che non si sarebbe unita al corteo. Come lei però, in molti, o meglio tutti, avevano preso la stessa decisione. Ora però, che vedeva quella bara attraversare da sola le vie della città, non era poi più tanto sicura di aver compiuto la scelta migliore. – Forse hai ragione tu – continuò – in fondo glielo dovevo. – Sei sempre la solita – rispose Angela scrollando la testa come se annuisse.
Il morto, che avrebbe desiderato avere il paese alle calcagna, continuava a fare piccoli passi, lei continuava a guardare immobile. Affacciata alla finestra, passò ancora una volta agli occhi dell’amica per quella che faceva sempre le cose a rovescio. Le bastava sempre un dettaglio per capovolgere la scena e decidere di fare la cosa opposta a quella che avrebbe voluto fare. Erano i suoi momenti di verità, in cui il mondo le si rivelava tutto insieme, senza scampo.
Una volta consumati, questi attimi la lasciavano nel deserto. Era così che aveva imparato a sentire le distinte parti della sua vita come fotogrammi di un film. Tutto nei film appare coerente, soprattutto la logica della provvidenza, riacchiappata di solito all'ultimo istante. Forse anche per questo si era lasciata soprannominare da sua cugina la dolce, come nel film, e per questo, ancora, camminava chilometri per comprare assurdi ed inutili accessori verdi, perchè desiderava anche per lei il suo tiepido e ineluttabile lieto fine.
Di certo, come da copione di una pellicola anni trenta, fino ad un anno prima avrebbe risposto alle pressanti richieste del re con un non ti permettere nemmeno di parlarmi in quel modo e mentre le parole si sarebbero rincorse per giungere a destinazione, avrebbe girato i tacchi lasciandolo lì come un asino legato al palo. Questo, appunto, sarebbe accaduto un anno fa se quell’ombrellino a fiori non fosse saltato fuori a scombinare le sue scelte, i suoi piani. Il solito dettaglio destinato a capovolgerle la scena.
Al cimitero il prete gettò acqua benedetta e poi ci fu la terra che coprì tutto. Le pale furono veloci, la buca si riempì e il morto morì per davvero. Solo quando vide il prete tornare indietro dal camposanto chiuse la finestra – E’ ora di prepararsi, non le senti le nostre compagne – le disse Angela riconducendola alla realtà.
Irma si destò dal suo stato e il solito pigolare delle madonnelle impiccate dalle stanze vicine le ricordò che bisognava mettersi al lavoro.
Non provava fierezza nel fare la puttana, professione che da ormai dieci mesi esercitava, ma nemmeno si vergognava: semplicemente non sentiva niente.Tuttavia combatteva contro un certo senso di squallore, che prendeva le sembianze di un rigurgito di bile. Il suo lieto fine non arrivava, e più passava il tempo e più tutto il resto si incendiava: come aspettare con ansia, come voler strappare un orgasmo che non c'è. E' lo stesso ardore, lo stesso tormento.
E nel tormento anche una donna fragile e bella è capace di forzare il destino a compiersi, soprattutto poi per allontanarsi dallo spettro della mediocrità incarnato dalle colleghe, le quali voci squillanti e fastidiose oltrepassavano prepotentemente le pareti, - Certo per lei è facile! lei che di bei salotti ne ha spolverati tanti, e come se ne ha spolverati, la dolce, vedrete come verranno subito ad offrirgli un bel quartierino in centro a quella lì.
Rivide l'immagine della bara sfilarle sotto gli occhi, e in questo il ricordo di un bacio che già sapeva di morte, e in questo sentì arrivare da qualche parte l'odore del suo passato, e la visione dell'ombrello. Spesso cercava di ordinare i pensieri che la accecavano, di trovare legami e raggruppare gli elementi, ma le apparve chiaro in quel momento che non avrebbe funzionato mai. I suoi lampi di verità li doveva tenere così, come venivano. Prendi e porta a casa.
Allora si sentì più leggera. – Il mio primo giorno senza di lui - riaprì la finestra e iniziò a gettare di sotto le biglie che lui le regalava. – Cosa fai, ti sei impazzita? – le urlò contro l’amica. – Mi libero definitivamente di lui, intanto tra un po’ andrò di sicuro in un bel quartierino, dove le biglie di certo stonano. - Urlò Irma più forte di Angela.
Scese il silenzio e la quiete. Si vestì, si truccò, indossò il bracciale verde – il suo preferito- e uscì dalla stanza. Aveva già sceso il primo scalino quando la calma e la chiarezza diventarono immagine.
Lo avrebbe trovato lì, appoggiato al bancone, con un mozzicone di sigaretta tra le labbra, la giacca sgualcita e le scarpe grosse. Lo avrebbe guardato. Prima di fare si sarebbe fermata a guardare come piaceva a lei. Lasciarsi travolgere senza fare entrare niente. Paralizzata dalla paura e anelante per la liberazione.
Uscì in strada, attraversò l’incrocio, entrò nel bar. Guardò: era lì appoggiato al bancone, con un mozzicone di sigaretta tra le labbra, la giacca sgualcita a le scarpe grosse.
Stava nel punto esatto, di un istante prima, fotogramma perfetto, girato verso la vetrina a guardare la fermata del tram.Si fece avanti: due passi senza mollare lo sguardo dalla sua rivelazione.
E Lui disse proprio così:"Buongiorno signora, mi scusi, che colore è oggi?"
Erano le sei e mezza ormai ed il tram ancora non c'era. Eppure Irma l'aveva visto chiaramente nella sua trance: chinò di lato il capo e piegò lo sguardo, come a verificare che fosse tutto vero. Smise di pensare all'autobus e guardò le scarpe grosse, e poi la giacca e la sigaretta sgualcita. Rimase immobile ad ascoltare.
Ridisse. "Buongiorno signora, che colore è oggi?"
Fin da subito Irma non seppe fare niente. Nonostante nella sue visioni fosse sempre tutto chiaro, non riusciva ad imparare a non stupirsi. Ogni volta era come una sorpresa, vedere che tutto accadeva come l'aveva visto. Rivide i suoi colori e il suo fotogramma di giovinezza. Si era perso, non l'aveva più visto quel fotogramma. E lui che continuava a chiedere, a chiedere che colore era oggi.
Ci pensò a lungo. Pensò se il colore di quel giorno poteva essere il colore di tutti i giorni, oppure se lui le chiedesse di che colore fosse lei, o peggio ancora se non la stesse pregando di spiegargli come poter vivere un colore che da sempre si è sognato, senza inciampare in pennellate sbagliate.
Irma era così. Amava perdersi, prima nel suo passato e poi nel suo futuro.
Si faceva prendere dalla bellezza e dalla semplicità di un dettaglio, di una parola piccola, di un oggetto a caso. Il presente per Irma non c'era. Ma da quanto lo aspettava questo presente?
Erano anni che viveva così, senza mai dire la parola oggi.
Lei andava molto avanti o molto indietro. Ed avanti ed indietro era tutto scuro e senza colore.
Smise di guardarlo ed era passata un’eternità. Tornò alla scena precedente.
Di nuovo lui di fronte a lei, appoggiato al bancone, con un mozzicone di sigaretta tra le labbra, la giacca sgualcita a le scarpe grosse.Ultima occhiata,e finalmente il tram che arriva.
Lui che ripete la sua domanda. Il colore di oggi...- Mi scusi, Signora...Irma che lotta, invisibile.
Il passato sul futuro, entrambe sul presente, se stessa contro se stessa, i colori, gli odori, il mare, quel tram e quella domanda che impertinente si insinuava dentro di lei come a dirle : "Irma vivi".
Irma che prende e fa tutto in un attimo, da sola.
Nella scena seguente sono seduti in prima fila: "Oggi è bianco, bianco brillante".
Quello, per la prima volta, era il suo presente.
E lei sapeva cosa volesse significare – Il re me l’aveva detto : attenta al presente. Le biglie esploderanno e tu saprai cosa fare.- Con queste parole le aveva affidato l’ombrellino – Quando sarà appeso alla finestra capirò che in camera da te c’è un cliente – aveva proseguito. Così saprò quando poterti venire ad abbracciare – Aveva concluso.
In quel momento le parole del re le erano suonate ignote, lontane, ma lui era così, amava metterla in confusione, capovolgere ancora di più la sua esistenza stonata e lei non aveva dato alcun peso alle biglie esplose e al suo monito sul presente. Poi quelle parole erano state archiviate ed ora invece si riaffacciavano prepotentemente nella sua mente per acquistare un significato preciso e illuminante. – Sapeva che sarebbe morto - pensò Irma – un nefasto dono di famiglia sapere ancor prima di vivere.
Irma continuava a fissare l’uomo dalle scarpe grosse, il suo presente stava per giungere e lei era ormai pronta per viverlo.
Il re però aveva detto – attenta – e in un attimo ache quella parola disgelò tutto il suo potere. Il tram la travolse, in pieno e la trovò lì con gli occhi trasognanti, i capelli luminosi e il suo accessorio verde. Era giunto anche per lei la fine del suo film, non era lieta, ma era dolce e calda, dello stesso sapore del rivolo di sangue che le scendeva dalla bocca.
E un lieve e tenue sorriso le illuminò il volto.

venerdì 3 agosto 2007

MANUELE HA SCRITTO

Il nuovo testo è cattivo. Arrogante. Graffia.

giovedì 2 agosto 2007

Scultura

io ho riletto il testo
è bello. è bello questo esperimento, bellissimo.
io sono intervenuto in mezzo. Non ho aggiunto niente alla fine. Il testo finisce come finiva prima di me. Pero' in mezzo ho cambiato un sacco di cose. Già lo rileggo oggi e vorrei ricambiarne altre. Mi piace pensare al testovivo come una scultura di terra fatta a più mani. C'e' da trovare un'armonia, una danza comune...bisogna essere delicati ma anche molto violenti a volte. Come il sesso un po', no? Io non lo se se c'e' da continuare, forse si, ma so che e' importante commentare, riflettere, vedere che pensiamo...e poi decisamente passare a google...

FACCIAMO IL PUNTO

Sta per terminare il primo turno di esperimento di scrittura 2.0.
Pareri discordanti sui risultati ottenuti si sono sollevati nell'ultima ondata di mail.
Problemi di unità stilistica, di contenuto, sono alcune delle questioni che più ci premono.
Non credo che nessuno abbia visto tradite le proprie aspettative,ma di certo non tutti sono soddisfatti del risultato del testo.
Troncare dopo un solo turno il testo Dolce, potrebbe essere improduttivo, anche perchè, come ho già scritto, non siamo ancora entrati nello spirito della scrittura 2.0.
Un altro giro sarebbe consigliabile, eppoi la soluzione migliore è spostare questo testo, o uno nuovo, sull'editor di google, risolvendo tutti i problemi di logistica.
Possiamo prenderci agosto come periodo di "riflessione", e da settembre ripartire, anche con un testo di poesia (per chi lo volesse), oppure, e credo che la cosa potrebbe risultare molto interessante per i risultati che ne potrebbero venire, un testo teatrale.
Mi spiego meglio, ogni partecipante creerà un suo personaggio, che colloquierà con gli altri, su un canovaccio libero (la modalità dell'azione poi si deciderà in seguito), in sintesi nessun personaggio agirà o parlerà se non in relazione agli altri. Che ne dite? Ed ancora, come si potrebbe migliorarla?